Il 12 novembre del 2003, a Nassiriya, in Iraq, un attentato bastardo e vigliacco, ha ucciso diciannove italiani, che erano là in missione di pace. Una missione legata alla stupidità politica di George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti, che, coperto da una montagna di menzogne, ha invaso l’Iraq, con gli Inglesi e truppe di altri paesi, con la scusa dell’eliminazione delle armi di distruzione di massa che quel paese aveva a disposizione. E con le quali Saddam Hussein aveva, tra l’altro, perpetrato diverse stragi, specialmente contro i Curdi. Quelle armi, o quello che gli era rimasto, non sono mai state trovate. Hanno trovato, però, diverse fosse comuni con centinaia di cadaveri.

“Sconfitto” il Leader, Saddam Hussein, Il Governo Italiano aveva deciso di mandare una missione di pace, come altri Paesi. Per la ricostruzione del paese. Il lavoro degli Italiani era molto apprezzato, da tutta la comunità mondiale.

Tranne che dagli iracheni, fedeli a Hussein, che organizzavano attentati contro tutte le truppe straniere, se la prendevano anche con i giornalisti. Rapimenti, omicidi, in nome della guerra santa. Senza che gli americani riuscissero a sgominare la guerriglia. Guerriglia che quel giorno ha mandato un camion pieno di tritolo contro la base italiana, provocando una strage.

Io ero e sono contrario alla guerra, ho fatto malvolentieri il servizio militare. Tanto mal volentieri che lo facevo al meglio, per evitare di non poter uscire dalla caserma e per poter contare sulle licenze. Tra l’altro, poiché ero laureato, i commilitoni, in maggioranza giovani tra i diciotto e i vent’anni, mi vedevano male. Ho anche subito un paio di atti di nonnismo, tanto che il Capitano della seconda compagnia del Battaglione dei Fanti di Liguria, a Novi Ligure[1], mi spostava sempre di servizio, per farmi stare tranquillo. Una sera un commilitone mi ha puntato un coltello alla gola, perché le sigarette che fumavo non gli piacevano e ne voleva una, ma di un’altra marca ... Era lì da sedici mesi, perché ne aveva passati sei al carcere di Peschiera, e quel periodo non gli veniva scalato dalla durata della ferma. In camerata, di notte, volavano dei pipistrelli e dormivo completamente coperto dalle lenzuola. Le lenzuola di quel letto che dovevamo rifare tutte le mattine, e non perché erano piene di sabbia.

Mio padre è ancora amico di un suo compagno del periodo della ferma, e sono passati 60 anni... Io di quel periodo ricordo, purtroppo, tutto, malvolentieri.

Ero e sono contrario, quindi, alle missioni di pace. Come lo sono stato per il Kosovo e per tutte quelle che vedono impegnati giovani di qualunque nazione in territori ostili.

Quel giorno, appresa la notizia, una rabbia sorda e indescrivibile, mi ha lasciato un senso di amarezza dentro, come anche per tutti gli attentati della guerriglia, alle truppe americane, inglesi, ai cittadini iracheni e via dicendo. Sono morti altri italiani, anche un agente segreto, ucciso dal fuoco amico degli americani, durante la liberazione di una giornalista.



[1] In provincia di Alessandria, vicino Genova

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